JPLUS_TOP

Dublino, oh cara!

  • Il Centrista
  • di Pino Pisicchio
  • 28 Marzo 2023
  • 3 minuti di lettura

La pubblica opinione spesso viene esposta a gragnuolate di sottintesi e di informazioni preliminari date per scontate, che in realtà scontate e sottintese non sono affatto. Prendiamo un evergreen del dibattito pubblico italiano, i flussi migratori che ci implicano drammaticamente, con le cronache nerissime di questi giorni, e la discussione infinita sulle responsabilità che incombono a noi, paese di approdo, e all’Europa, Unione a cui aderiamo. Ogni tanto viene evocata una città, Dublino, e le Convenzioni e i Regolamenti che portano il suo nome.

Ne parla Ursula Von der Leyen dal 2019, quando venne eletta capo del governo europeo che si chiama Commissione, ne parla Giorgia Meloni, ne troviamo tracce quotidiane sulla stampa estera. Il “sistema Dublino” sarebbe l’asse portante delle politiche migratorie (accoglienza, riallocazione ed espulsione) dell’Unione Europea, basate sul principio della solidarietà tra paesi membri e della conseguente “condivisione degli oneri”, il che, tradotto in soldoni vuol dire che nessun paese che impatta con il problema del salvataggio, dell’identificazione e dell’accoglienza di flussi di migranti può essere condannato alla solitudine dalla sua geografia.

Gli oneri, in parole povere, vanno distribuiti proporzionalmente fra tutti. Principio di buon senso, che fa sintesi di ragioni umanitarie, politiche, giuridiche, economiche, eccetera. Sulla carta soltanto, però, perché ciò che può apparire scontato - c’è un paese d’approdo che è inevitabilmente chiamato a prestare il primo intervento - in realtà accade che diventi l’unico responsabile di tutto.

Si parla di modificare il Regolamento di Dublino da quando venne riformato nel 2013. Nel 2016 si è pure discusso nel Parlamento Europeo di una proposta della Commissione che prevedeva sanzioni pecuniarie assai onerose per i paesi che si fossero rifiutati di accogliere le quote di migranti stabilite dall’Europa, perché l’unica cosa che scalfisce l’indifferenza resta sempre il soldo. Non passò, ovviamente. Anche perché su questi temi, che i Trattati europei considerano relativi alla sicurezza, occorre un voto unanime che, ovviamente, non ci sarà mai.

Perché c’è un’Europa del Nord e un’Europa mediterranea, che hanno sulla questione sensibilità assai divergenti. Veniamo al summit dei capi di stato e di governo di Bruxelles dei giorni passati: neanche il dramma di Cutro e l’impennata che sta prendendo l’afflusso di barche disperate nei mari italiani è riuscita a smuovere i potenti dell’Europa, peraltro già molto coinvolti nelle faccende russo-ucraine che, per incidents, comportano flussi migratori impegnativi accolti a braccia aperte perfino dai coriacei Ungheresi e Polacchi (mentre i migranti con la pelle nera sembrano non avere gli stessi supporter).

Qualcosa comunque è successo: l’Italia ha riaperto un dialogo con la Francia, che sarà necessario allargare alla Spagna e agli altri europei del Mediterraneo. Abbiamo la necessità vitale di farlo e non solo per rendere più equi i Regolamenti di Dublino, ma per cambiare la prospettiva dell’UE sul Mediterraneo: è possibile che non si comprenda che interi pezzi di territorio africano sono ormai in mano alla Cina, che la Russia e la Turchia sono in Libia e nel Sahel, che il Mediterraneo stesso ci diventerà politicamente estraneo molto presto, salvo subirne l’uso criminale del contrabbando di esseri umani sulle nostre coste con la complicità di criminali nostrani? È il Mediterraneo il destino di quest’Europa persa nelle sue miopie e nei suoi egoismi da picco banco dei pegni. Non capirlo non solo è stupido, ma anche suicida.

JPLUS_TOP